Nonostante la forte identità culturale e una lotta per l'indipendenza ormai decennale, il Kurdistan è ancora oggi considerato come un'area geo-politica suddivisa sui territori turchi, iracheni, siriani e iraniani, e non come uno Stato. Ciononostante, data la forte identità culturale, il popolo porta avanti da sempre la rivoluzione per l’indipendenza. A rafforzare l’indipendenza ci sono anche studi archeologici, etnologici e di religiosi che rilevano come proprio in quest’area ci furono le prime sperimentazioni di forme di società basata sulla concezione di Stato, come si intende nella contemporaneità. A partire dal XV secolo, nelle testimonianze dei viaggiatori europei il termine Kurdistan, ovvero terra dei Kurdi, è ricorrente.
Anche il mondo dell'arte, locale e non, ha supportato nel corso del tempo la causa Curda, creando spazi di espressione per il riconoscimento dello stato del Kurdistan.
Nel 2009, durante la 53esima edizione della Biennale di Venezia, intitolata “Fare Mondi”, di cui il direttore artistico è stato Daniel Birnbaum, all’interno dell’ex chiesa di San Leonardo a Cannaregio è stato istituito Planet K, ovvero Pianeta Kurdistan. A cura del collettivo francese Exyzt e di altri intellettuali curdi e non, tra cui Bahman Ghobadi, Leyla Zana, Ali Can, Bengin Aksu, Rebiennale, Orsola Casagrande, Emiliano Gandolfi, Baykar Sivazliyan, Alexander Römer, Marina Nebbiolo, Gonzague Lacombe, Victor Nebbiolo Di Castri, Lele Rizzo. Primo padiglione all’esposizione internazionale di arte dedicato ad un popolo che non ha Stato, è stata anche la prima (e ultima) volta che il Kurdistan ha presenziato ad un’edizione della Biennale di Venezia. Lo spazio in realtà si inseriva in un programma parallelo a quello ufficiale della Biennale, quello di Rebiennale; una piattaforma collaborativa creata nel 2008, da una rete di cittadinanza veneziana, studentesse e studenti, architetti, artiste ed attivisti politici, per condividere metodi, processi e competenze legate all’autocostruzione e non solo.
Un momento collettivo a Planet K, 2009
Planet K è stato più del padiglione espositivo dove trovare i 13 artisti curdi invitati (Malva, Fehmî Balayî, Mire Hekan (Jamal Abdo), Malmime (Hasan Huseyin Deveci), Ilter Rezan, Bahar Maleki, Monir Maleki, Rebwar Saeed, Norrem Issan Hamdi, Azad Nanakeli, Huseyin Isik Walid Siti, Baldin Ahmad) a rappresentare il loro popolo, è stato un terreno di confronto e produzione.
Baldin Ahmad, opera esposta a Planet K, Venezia, 2009
Un laboratorio in cui gli artisti, insieme a filosofi, sociologi, scrittori, architetti, giornalisti insieme al pubblico si sono confrontati su tre concetti chiave per l’autodeterminazione: Identità, Confini e Lingua.
Un momento assembleare a Planet K
L’impostazione di Planet K è riconducibile con quella del Centro Socio Culturale, nato nel maggio 1999, all’interno dell’ Ex Mattatoio oggi MAAM, nel quartiere Tor Sapienza, a Roma. Uno spazio autogestito comunitario di accoglienza dove sperimentare forme di condivisione, di attività artistiche e culturali ma anche di solidarietà civile.
Tra le iniziative artistico culturali più importanti c’è sicuramente NWRZ, il laboratorio permanente a cura del gruppo Stalker, nato nel 2002 e ancora attivo.Il titolo NWRZ deriva dalla parola Newroz ovvero un’antichissima ricorrenza tradizionale zoroastriana che celebra il nuovo anno (e che coincide con l'equinozio di primavera) in tutte le culture persiane pre-islamiche: Nowruz per gli iraniani, Nawruz per gli afgani e Newroz per i curdi. Il laboratorio ha deciso appositamente la versione senza vocali, per trovare una scrittura che potesse essere comune a tutte le comunità. Il progetto, attuato da un gruppo artistico insieme alla comunità curda e ad altre realtà cittadine, si presenta come un modello di spazio comunitario autogestito che viene costruito attraverso pratiche di arte relazionale: performance volte a reinventare creativamente le relazioni con i luoghi. Una celebrazione di tre giorni tradotta in festa, laboratori e workshop realizzati dalla cittadinanza internazionale e non con la comunità curda, volti alla collaborazione e alla condivisione. Lo scorso marzo, ad Ararat, si è festeggiato il 20° NWRZ. Per celebrarlo, oltre all’ evento ricorrente, Stalker ha deciso di portare un workshop per aprire alla comunità un’opera su cui stava lavorando: il Calendario Planetario. Uno strumento per accogliere le numerose feste e celebrazioni delle diverse culture che abitano Roma in collaborazione con il Mad’O Museo dell’Atto di Ospitalità.
La celebrazione di NWRZ al Centro Socio Culturale Ararat, MAAM Ex Mattatoio, Roma
“Può una semplice festa costituire un programma di azione artistica, di formazione culturale e di trasformazione urbana?”
Ma il Centro non è solo arte relazionale e performativa, come Planet K, è anche composto da arte visiva; tra le diverse opere si ricorda il Tappeto volante, del 2000, costruito ad Ararat con la comunità curda.
L’opera, che con la mostra Islam in Sicilia ha girato le capitali del mondo arabo, è tessuta con innumerevoli corde di canapa con terminali in rame e riproduce il soffitto ligneo della Cappella Palatina di Palermo, accompagnata da un viaggio sonoro alla ricerca delle origini del manufatto e calata da un telaio sospeso, crea una scenografia davvero suggestiva .
Tappeto Volante, 2000
Entrambi i progetti citati, tramite una pratica ed un processo di reimmaginazione collettiva, si pongono lo stesso fine: creare una fucina di idee e azioni che abbiano l'obiettivo di contribuire alla discussione sull’identità Curda. Planet K e Ararat sono più di un luogo fisico e temporale, sono uno spazio che utile a rappresentare il popolo curdo diviso tra Turchia, Iran, Iran, Siria e Armenia.
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