«Alcuni dicono che le Muse siano nove; che distratti!
guarda qua: c'è anche Saffo di Lesbo, la decima.»
Inghilterra, 1904. Mentre tutta l’Europa si avvicina all’estetica d’Avanguardia, un pittore inglese di nome John William Godward sembra ancora essere legato al passato. La sua famiglia non è d’accordo con la sua volontà di fare il pittore, e per vivere nel suo mondo ideale della Magna Grecia fugge in Italia, sposando la sua modella, Marietta Avico.
Essere ancorati all’estetica accademica era ormai considerato obsoleto, per non dire noioso. I quadri di Godward rievocano un’antichità ideale, una cultura lontana che aveva impregnato tutto l’Ottocento. Sin dal periodo napoleonico (1802-1812) gli artisti si erano sbizzarriti in soggetti della cultura Greca e Romana, gettando le basi alla corrente del Neoclassicismo.
Durante i decenni del XIX secolo, le passioni per i periodi del passato si susseguono e si accavallano: Orientalismo, Antico Egitto, Grecia classica, e infine il Medioevo e il Rinascimento, nei dipinti dei Preraffaelliti. Verso la fine del secolo, infatti, l’attaccamento all’epoca ellenistica di Godward era ormai anacronistico.
anche John William è ispirato al teorico della corrente preraffaellita, Frederic Leighton, ma invece di essere affascinato dalla Firenze del Quattrocento, impazziva per la Grecia del V secolo a.C., come il suo pittore preferito: Lawrence Alma Tadema. I soggetti di preraffaelliti e dei neoclassici vittoriani ono spesso dei personaggi femminili, carichi di valori morali – o mezzi per poter rappresentare il nudo.
Una delle figure che viene riprodotto infinite volte in queste correnti pittoriche è la poetessa greca Saffo, autrice di potentissimi poemi d’amore e fondatrice dell’importante scuola per giovani donne, sull’isola di Lesbo. Qui, la poetessa fonda un tiaso, un’associazione religiosa e filosofica, di solita dedicata a Dioniso, ma che lei instaura in nome di Afrodite.
Le fanciulle dell’alta società venivano inviate sull’isola per imparare a vivere, per così dire. Si imparava a cantare, danzare, recitare poesie, e anche a fare l’amore tra donne, per poter conoscere il proprio corpo in vista del matrimonio. Infatti, tutto l’insegnamento impartito alle ragazze nell’ottica di andarsene, un giorno, pronte per sposarsi con un uomo adatto al loro rango.
Per secoli, Saffo viene rappresentata come nel dipinto del Pittore di Saffo, del VI secolo a.C., in senso idealizzato e ieratico, di fronte o di profilo, come erano rappresentati “gli uomini illustri”. Da subito la scrittura di Saffo diventa un modello, e un sinonimo della poesia stessa, anche durante tutto il Medioevo, quando rappresenta simbolicamente la donna letterata. Certi aspetti della sua figura vengono a dir poco tralasciati, per non dire ribaltati. Per esempio, Boccaccio la descrive come “castissima”. Fino a quel momento, sebbene le fonti dell'epoca descrivessero la poetessa di Lesbo come una donna non particolarmente attraente, venne rappresentata in modo neutro e idealizzato.
Arrivato il Rinascimento, Raffaello la raffigura nel Parnaso come una elegante fanciulla dai capelli biondi, e da lì in poi diventa uno dei soggetti preferiti di pittori e scultori. Da questa immagine raffaellesca, si arriva a quella di Fragonard, del 1776, con una Saffo dal seno scoperto, mentre si fa ispirare da Cupido, compagno della divinità di riferimento: Afrodite. E’ nel Settecento che inizia a prendere piede il fascino per il mito di Faone, raccontato da Menandro e Ovidio, che termina con il suicidio della poetessa, distrutta per essere stata rifiutata dal traghettatore dell’isola di Lesbo, Faone. Disperata per il rifiuto, Saffo si sarebbe lanciata dalla rupe di Leucade. Probabilmente, però, questo mito deriva da un topos di origine comica. Eppure, il soggetto prende piede.
Intanto, si sono ormai cristallizzati tutti gli attributi della Saffo in pittura: la lira, la corona d’alloro, come Apollo e le muse. La si circonda pelli e pellicce, che rappresentano una donna libera, in contatto con le forze della natura. Nello stesso periodo, inizia a prendere forma il tema omoerotico, che in antichità era già più che affrontato in letteratura, ma che per i secoli del medioevo e dell’epoca moderna è messo da parte.
Per tornare all’Ottocento e a Godward, sotto le influenze della cultura vittoriana, la figura di Saffo prende una doppia sfumatura: da un lato, l’ordine del gineceo greco ispira il ritorno della donna tra le mura domestiche dopo la disfatta della rivoluzione francese. Dall’altro, si rende Saffo una figura morale, una parabola della donna dai facili costumi che trova la fine in un tragico suicidio.
Dopo secoli di passione per Saffo, a inizi Novecento gli artisti cominciano a dimenticarla. Ma non John William Godward, che resta ancorato all’ultima grande vague saffica: quella del mondo idilliaco e lussureggiante dell’isola di Lesbo. La sua è un’estetica pulita, lussuosa, in quella chiave che fu poi chiamata orientalismo, che ricorda i disegni degli harem degli artisti europei al ritorno dal Nord Africa.
John William Godward, In the Days of Sappho, 1904, olio su tela, 58.5 x 73.5 cm, J. Paul Getty Museum, L.A
Uno dei dipinti più conosciuti del pittore è In the Days of Sappho, del 1904, anche intitolato Reverie e attualmente conservato al J. Paul Getty Museum a Los Angeles. La persona dipinta in questo olio su tela non è Saffo, ma una delle sue adepte, che appare nell'ambiente arcadico dell’isola di Lesbo. Sulla sinistra del quadro, la panca di marmo sulla quale riposa assorta la giovane termina con la testa di quello che sembra essere Omero. Le ragazze della scuola di Saffo vivevano per anni nel lusso e nella bellezza, scoprendo i piaceri dell’amore al riparo dal mondo esterno, in quello che oggi chiameremmo safe space.
Godward raffigura spesso, con leziosità e colori luminosi, delle scene che rievocano sì momenti idilliaci, ma che sottintendono la consapevolezza che tutto finirà, come ricorda spesso Saffo nei suoi poemi, dove descrive la sua sofferenza quando una delle sue amate raggiunge il momento dell’addio.
Una cosa - non da poco - accomuna Saffo e Godward, sebbene quello della prima potrebbe solo essere una leggenda: il suicidio. Il pittore si toglie la vita, avvelenandosi col gas a 61 anni. Uno dei motivi fu proprio il fatto che la sua arte non fosse più compresa dal pubblico delle avanguardie. Nel suo biglietto di addio, lasciò scritto che al mondo non c’era posto per artisti come lui e Picasso nello stesso momento.
Saffo incarna la nostalgia per un’epoca d’oro, lontana e impossibile da rivivere. Creatrice di un mondo parallelo fatto di delizie, intimità e poesia, è una vera ispirazione per il pittore inglese, a cui è concesso solo di sognarlo.
Comments